Il riscaldamento che precede un allenamento o una gara è una fase molto importante e delicata, che non deve essere per nessun motivo trascurata o sottovalutata. Infatti, un riscaldamento troppo breve o, all’opposto, troppo lungo, può essere inefficace e compromettere la prestazione. Inoltre, l’intensità con cui si svolge il riscaldamento è un fattore di notevole importanza per le possibili ripercussioni sull’attività muscolare.
Il riscaldamento è la fase in cui si prepara l’organismo sia da un punto di vista fisico, sia psicologico, con una durata che va dai 10’ ai 25’.
Gli obiettivi del riscaldamento sono molteplici:
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Aumentare la temperatura corporea (39 °C) in modo da:
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facilitare le reazioni biochimiche soprattutto all’interno del muscolo (con una temperatura più alta l’ossigeno, si dissocia più velocemente dall’emoglobina, Hb, e viene ceduto alla mioglobina, che ha un’affinità maggiore per l’ossigeno rispetto all’emoglobina);
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velocizzare la conduzione degli impulsi nervosi;
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ridurre gli attriti articolari e la viscosità del tessuto muscolare;
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aumentare il flusso sanguigno nei muscoli attivati.
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Predisporre organi e apparati a intensità più elevate; infatti, la frequenza cardiaca (FC) aumenta e viene trasportato più sangue nei muscoli impegnati, riducendo temporaneamente l’irrorazione ai muscoli meno coinvolti.
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Predisporre l’organismo alla corretta coordinazione del gesto, attraverso il miglioramento della coordinazione intra e intermuscolare, attivando muscoli, articolazioni e segmenti ossei che saranno maggiormente coinvolti.
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Prevenire e ridurre i rischi di infortunio muscolari, tendinei ed articolari, in quanto un muscolo “freddo” è più soggetto a lesioni rispetto al muscolo “caldo”. Tradizionalmente il riscaldamento viene suddiviso in due fasi:
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una parte generale, in cui si ricerca l’aumento della temperatura corporea, una migliore fluidità articolare ecc;
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una parte specifica, dove si aumenta progressivamente l’intensità e si propongono attività più specifiche e correlate con la prestazione.
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Non esistono protocolli standardizzati di riscaldamento, poiché ci sono troppe differenze interindividuali, ma si possono senz’altro seguire alcune linee guida.
Prima fase, “RAISE”: dall’inglese “innalzare”, aumentare temperatura, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, flusso sanguigno ai muscoli e fluidità delle articolazioni attraverso attività a bassa intensità.
Negli sport di squadra questa fase può essere effettuata anche attraverso esercizi tecnici specifici (sport skills), ma sempre a bassa intensità.
Seconda fase, “ACTIVE AND MOBILIZE”: in questa fase si attivano i gruppi muscolari da impegnare e si mobilizzano le articolazioni raggiungendo un Range of Motion (ROM) specifico. Ovviamente l’attivazione muscolare è specifica per l’attività/sport. Sulla mobilizzazione si potrebbe aprire una discussione senza fine; in passato si usava quasi esclusivamente lo stretching statico (Anderson) e quindi distrettuale; gli orientamenti attuali preferiscono lavorare sul movimento, con il metodo dello stretching dinamico, per tre motivi principali:
- la natura dinamica degli esercizi permette di mantenere gli effetti della fase di “RAISE”;
- gli esercizi sono più specifici e permettono alla muscolatura di rimanere attiva, ma a bassa intensità;
- ottimizzazione dei tempi.
Terza fase, “POTENTATION”: in questa fase si ha un graduale passaggio dalla bassa intensità all’alta intensità e da esercizi generali a esercizi specifici. Il primo obiettivo di questa fase è quello di arrivare in maniera progressiva a intensità specifiche, simili a quelle dell’attività per cui ci si prepara. In secondo luogo si cerca di stimolare il PAP EFFECT, Post-Activation Potentiation, per migliorare la performance (soprattutto muscolare) di forza e potenza.
Lo stretching nel riscaldamento è di uso comune ma non può essere pensata come unico mezzo di riscaldamento. Per molti autori oltre ad essere del tutto inefficace, è anche dannoso. Secondo Alter, infatti, l’allungamento del muscolo provocherebbe unno schiacciamento dei capillari perimuscolari con conseguente ischemia da contrazione isometrica eccentrica. Non dimentichiamo infatti che l’azione muscolare dello stretching è molto simile a ciò che avviene durante una contrazione eccentrica.
Molti autori sconsigliano lo stretching come unico mezzo sia prima di una competizione che di una gara, ma consigliano il suo inserimento in maniera controllata e soprattutto idonea al successivo impegno da svolgere.
È consigliato un numero limitato di esercizi di allungamento accompagnato da esercizi di vascolarizzazione
(contrazioni dinamiche, non isometriche, contro resistenza) per produrre l’effetto pompa nel muscolo (Chatard). Alternare contrazioni muscolari dell’antagonista e dell’agonista è di norma sufficiente per allungare la muscolatura interessata.
Riscaldamento e temperatura esterna
La temperatura esterna influisce sul riscaldamento e può modificare i suoi effetti fisiologici. Quando le temperature sono elevate si può andare in contro a crampi, disidratazione, nausea, che condizionano il riscaldamento e la fase successiva. In questi casi si consiglia di diminuire leggermente il tempo totale del riscaldamento, evitare troppi minuti di corsa ed idratarsi durante e dopo lo svolgimento del riscaldamento stesso.
Quando le temperature sono rigide è importante prima di tutto utilizzare un abbigliamento appropriato alla bassa temperatura, inserire qualche minuto in più di corsa, preferire esercizi di mobilizzazione dinamica a scapito di quelli statici ed evitare troppi “tempi morti”.