Il tessuto connettivo, spesso sottovalutato e poco considerato, è alla base del nostro sistema motorio. Quando questo si “densifica” insieme a traumi o posture sbagliate, può creare molti problemi che si manifestano attraverso il dolore. Con la manipolazione fasciale si può restituire fluidità del movimento e assenza di dolore.
Quando soffriamo di dolori cronici, anziché la classica “pillolina” per soffocare il sintomo, ci rivolgiamo a qualche esperto che sia in grado di eseguire trattamenti che mirino direttamente al problema. Ed ecco che in nostro soccorso intervengono osteopati, fisioterapisti e chiropratici che possono essere certamente d’aiuto, ma in molti casi tuttavia non sono in grado di manipolare il punto reale d’origine del problema, ma manipolano, indicativamente, la parte dolorante.
Con questi metodi tradizionali si ottengono buoni risultati, non sempre però sono duraturi ed efficaci in tutti i casi. Per colmare questa lacuna, sempre più esperti sono ora in grado di eseguire la cosiddetta “manipolazione fasciale”, tecnica ideata da fisioterapisti di grande fama: Luigi, Antonio e Carla Stecco.
La manipolazione della fascia è una tecnica derivata da quella che si chiamava “manipolazione neuro connettivale”. È proprio il tessuto connettivo quello che viene maggiormente preso in considerazione da questa dolce tecnica manipolativa. Un tessuto senza soluzione di continuità che si trova longitudinalmente nel tronco e negli arti e in orizzontale su tutte le altre zone corporee. Nei libri di anatomia si prende in esame il sistema muscolare da solo e non si tiene presente che è il connettivo a far sì che il sistema muscolare interagisca con lo scheletrico; senza di esso non potremmo muoverci realmente.
Il connettivo riveste tutti i livelli muscolari collegando tra loro la totalità dei i muscoli, anche se di diverso tipo, e legandoli in maniera funzionale tra loro durante il movimento. Gli esperti di manipolazione fasciale la utilizzano come punto di riferimento del sistema nervoso centrale per la coordinazione motoria.
Se per esempio accusate del forte dolore alla sommità del capo, un massaggiatore “normale” potrebbe agire direttamente in quella zona, mentre un esperto in manipolazione fasciale potrebbe farvi eseguire dei test per trovare il punto di origine che, in questo caso, secondo il dottor Stecco potrebbero trovarsi a livello della protuberanza dell’occipite.
Un manipolatore fasciale esegue sempre quella che viene definita “verifica motoria”, ovvero chiede al paziente di muovere il segmento dolente nei tre piani dello spazio controllando la limitazione articolare, dopodiché attua una contro-resistenza: oppone la massima resistenza al movimento del paziente per testare la sua forza muscolare, sia dalla parte dolorosa sia dalla parte opposta del corpo.
Alla verifica motoria segue quella palpatoria, in cui l’operatore “tocca” la parte relativa all’origine del dolore, maneggiandola in profondità; spesso lì si rilevano delle rugosità a causa della densificazione della fascia. «Per densificazione s’intende l’incapacità della fascia di allungarsi e di assecondare gli stiramenti provenienti dalle fibre muscolari sottostanti», scrivono Luigi e Antonio Stecco su Manipolazione Fasciale – parte teorica, edita da Piccin editore. Secondo gli autori, anche una postura scorretta potrebbe determinare uno stiramento fasciale che poco alla volta porta d una fibrosi di una zona con la conseguenza che ormai conosciamo tutti, il dolore.
Quando il terapeuta palpa il punto in questione, denominato centro di coordinazione o CC, inserisce le nocche delle dita o il gomito in maniera da poter lavorare a lungo il punto. Questa manovra restituisce in breve tempo l’elasticità e la scorrevolezza tipica della fascia. Questo farà si che dopo poche sedute il dolore svanisca.
Molti dei punti trattati possono essere sovrapponibili a quelli dell’agopuntura classica che, tuttavia, non vengono reperiti con il classico metodo della MTC (Medicina Tradizionale Cinese) ma tramite gli esami motori sopra descritti.
Questi meridiani vengono esposti e considerati in maniera simile anche daThomas W. Myers nel suo libro Merdiani miofasciali, edito da Tecniche Nuove.L’autore spiega che anche se i meridiani miofasciali possono essere in parte sovrapponibili con quelli dell’agopuntura non si equivalgono. Lui li descrive come «linee di trazione basate sull’anatomia occidentale standard, che trasmettono lo sforzo e il movimento attraverso la miofascia corporea intorno allo scheletro». Alla stregua dei meridiani longitudinali e latitudinali che circondano il pianeta Terra, così i meridiani miofasciali coprono il corpo. L’esperienza di Myers con i meridiani miofasciali è nata in seguito all’insegnamento dell’anatomia miofasciale agli studenti del Rolf Institute.
Nel volume l’autore ricorda che i muscoli non si attaccano mai alle ossa come si è soliti pensare ma sono le cellule muscolari che «fluttuano all’interno della rete fasciale come pesci all’interno di una rete da pesca. Il loro movimento tira la fascia, la fascia è attaccata al periostio, il periostio [la membrana del connettivo, ndr] tira l’osso».
È bene precisare che nonostante sia Stecco che Myers considerano la miofascia nelle terapie, queste vengono fatte in maniera differente. Myers, infatti, non stimola un singolo punto attraverso le nocche o il gomito ma fa eseguire una sorta di stretching della fascia coinvolta e poi esegue delle manipolazioni. Molti movimenti sono sovrapponibili ad alcune Asana (posture) yoga. Ecco che, come possiamo notare, per arrivare a capire la concezione del dolore dobbiamo prima avere delle valide nozioni di anatomia. E per fortuna, oggi, sempre più esperti del settore (fisioterapisti in primis) conoscono e manipolano questa parte essenziale del corpo umano, spesso poco conosciuta e considerata.
fonte: www.lastampa.it